venerdì 21 giugno 2013

Il braccialetto elettronico: moderna cella virtuale o flop?

Il fenomeno del sovraffollamento delle carceri è a tutti noto sia per la gravità del tema dal punto di vista sociale - basti pensare alle condanne che l'Italia ha ricevuto dall'Europa per una palese violazione dei diritti umani - sia per l'incapacità, dal punto di vista politico e giuridico di porvi, un rimedio. Tra gli strumenti giuridici adatti a ridurre questa piaga vi sono i seguenti:
- la depenalizzazione, ossia la trasformazione di un illecito penale (reato) in illecito amministrativo o civile, puniti solo con una sanzione pecuniaria;
- la previsione di pene non carcerarie, quali ad esempio gli arresti domiciliari e il lavoro sostitutivo in un maggior numero di ipotesi;
- alcune cause di estinzione del reato e della pena quali ad esempio l'amnistia, la sospensione condizionale, l'indulto, la grazia, la liberazione condizionale, la riabilitazione.
La previsione di ognuno di questi istituti permette ai giudici, chiamati ad applicare la pena nel caso concreto, sia di "mandare" meno colpevoli in carcere (con opportune e adeguate sanzioni alternative) sia di far uscire di carcere chi già vi è stato mandato. Il bilanciamento di interessi è di primaria rilevanza in questi casi, da una parte la richiesta di condanna e di pena, da parte della collettività, per chi si è macchiato di un reato, dall'altra la necessità e l'urgenza di diminuire la densità abitativa delle carceri.

Ma l'argomento su cui vogliamo concentrare la nostra attenzione è un altro, ben più specifico, e riguarda lo strumento del braccialetto elettronico

Il braccialetto elettronico, previsto dall'articolo 275-bis del codice di procedura penale, costituisce uno dei mezzi elettronici che, con il consenso del detenuto, possono aggravare la misura cautelare degli arresti domiciliari evitando però la più gravosa misura della custodia in carcere. Occorre sottolineare che gran parte dei detenuti in carcere lo sono in via cautelare, ossia in attesa o in corso di processo, in altre parole non sono ancora stati condannati o assolti con una sentenza. Per loro il problema della detenzione è ancora più grave perché sono "presunti innocenti" fino alla sentenza dalla nostra stessa Costituzione e la permanenza in carcere coattiva può essere (si pensi per chi è innocente) un ingiusto mezzo di sorveglianza che per di più porta ad un sovraffollamento degli istituti.


L' articolo 275-bis c.p.p. "Particolari modalità di controllo" al comma 1 prescrive che "nel disporre la misura degli arresti domiciliari, anche in sostituzione della custodia cautelare in carcere, il giudice, se lo ritiene necessario (...), prescrive procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici (...). Con lo stesso provvedimento il giudice prevede l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere qualora l’imputato neghi il consenso all’adozione dei mezzi e strumenti anzidetti".
Al comma 2 "l' ’imputato accetta i mezzi e gli strumenti di controllo di cui al comma 1 ovvero nega il consenso all’applicazione di essi, con dichiarazione espressa resa all’ufficiale o all’agente incaricato di eseguire l’ordinanza che ha disposto la misura".


L'articolo citato e il il rispettivo braccialetto sono stati introdotti nell'anno 2000 con il decreto legge n. 341 del 2000, convertito nella legge n. 4 del 2001, che detta particolari modalità di controllo delle persone sottoposte agli arresti o alla detenzione domiciliare. In caso di applicazione del braccialetto elettronico, viene segnalata in tempo reale alla centrale operativa della Questura l’uscita dall’abitazione del soggetto cui è applicato ed in caso di allarme viene avvisata immediatamente la struttura competente sul territorio per un immediato controllo in loco. Si è deciso di introdurre in Italia tale strumento, strizzando l'occhio verso quei Paesi che già lo utilizzano da tempo, gli Stati Uniti ad esempio, per la sua capacità di realizzare un controllo a  distanza dei detenuti, sottraendoli al deleterio circuito carcerario ed offrendo così un insperato rimedio al sovraffolamento delle carceri. Esso venne addirittura qualificato come una sorta di ‘cella virtuale’, dalle mura invisibili ma perfettamente sorvegliate.

Ma come funziona nello specifico? Il Braccialetto Elettronico è indossato alla caviglia. Un’Unità di Sorveglianza Locale (SMU), simile ad una comune radiosveglia, viene installata presso l’abitazione del soggetto sottoposto al controllo e riceve i segnali inviati dal braccialetto elettronico all’interno di un perimetro ben definito. Il detenuto deve rimanere nel raggio di comunicazione delle due periferiche: in caso contrario scatta immediatamente l’allarme. Se il detenuto si muove al di fuori del perimetro prestabilito – o danneggi in qualche modo il braccialetto o la centralina – viene immediatamente avvertita la centrale operativa delle forze dell’ordine. Sulla carta quindi uno dei pregi dello strumento in questione è la possibilità di diminuire il carico di lavoro per forze dell’ordine che in tal modo possono evitare di visitare costantemente il detenuto per verificare l’osservazione delle limitazioni imposte dal regime degli arresti domiciliari. 
Tuttavia, ritornando con la memoria al momento della sua introduzione nel nostro paese (anno 2000), accade che la prima persona sottoposta al controllo a distanza a Milano evade dalla sua abitazione eludendo i controlli elettronici suindicati, i quali non sono affatto riusciti a bloccarne la fuga. Dopo pochi mesi dall'entrata in vigore della legge e dopo le prime reali sperimentazioni si è all'unanimità decretato il flop dell'iniziativa per l'inefficacia dello strumento. La società addetta alla gestione del sistema non è stata in grado di dare delle risposte adeguate sulla incapacità di funzionamento e sulla risoluzione dei problemi tecnici, ossia, principalmente, il non tempestivo arrivo del segnale di allontanamento alla centrale operativa. Nonostante gli elevati costi sostenuti dallo Stato per i contratti di fornitura dei congegni e le grandi aspettative riposte nello strumento, sia la Magistratura sia le forze dell'ordine ne hanno accantonato l'uso. 
Ma, nonostante l'infausta esperienza, l'attuale Ministro della Giustizia ha paventato l'idea di un riutilizzo del braccialetto elettronico, nello specifico quale strumento per tenere sotto controllo gli stalker, all'interno di un più ampio disegno di intervento per bloccare l'incessante femminicidio e la violenza sulle donne. E' stato rinnovato all'uopo il contratto per la fornitura dei servizi di comunicazione elettronica fino al 2018 (ricordiamo che è dal 2000 che il contratto è efficace sebbene lo strumento non lo sia) e ciò nonostante anche la Corte dei Conti avesse già criticato la precedente iniziativa e l'avesse qualificata solo come uno spreco di risorse pubbliche per lo Stato. Sebbene sia previsto in legge l'uso del discusso braccialetto (all'art 275-bic c.p.p. citato) è necessario in primo luogo verificarne l'effettività insieme alla efficacia della norma stessa. Non si possono prendere nuove iniziative basandosi su una legge, lettera morta, inapplicabile.

Per due articoli del blog che trattano temi strettamente connessi con quello di oggi potete leggere Il decreto svuota-carceri: quali gli effetti auspicati nel breve e nel lungo periodo?  e Violazioni dei diritti umani nelle carceri

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