venerdì 19 aprile 2013

Crisi, reati e circoli viziosi

Nel passato più remoto si pensava che a delinquere fossero solo i non abbienti, che i reati contro il patrimonio fossero commessi solo da chi fosse indigente e era diffuso il modo di dire "più poveri, più crimini". Successivamente, una volta compresa la dinamica e l'incisività dei c.d. reati dei colletti bianchi, si è capito che a delinquere è l'uomo in generale e non un suo stato (la povertà). In realtà quella credenza in tempi di crisi riacquista veridicità e necessita di una reinterpretazione e spiegazione, ciò che ci apprestiamo appunto a fare. 
Il legame tra crisi economica e criminalità non è certamente una novità per gli scienziati sociali e nemmeno per gli economisti. Molti sono gli studi effettuati e le prove empiriche trovate a sostengo di questo nesso causa-effetto che da ciclicamente affligge, con percentuali più o meno elevate, tutte le società. E' risaputo infatti che la riduzione delle opportunità nel mercato del lavoro rende relativamente più vantaggioso il perseguimento di attività criminose. Riassumendo i risultati di recenti studi, due solo le modalità con cui questo fenomeno di stretta causalità si verifica. 
Da una parte, durante una crisi economica ad aumentare sono principalmente i furti, soprattutto i furti in abitazione, i furti con destrezza e gli scippi, operati da piccole bande, o in alcuni casi da ladri solitari (aumenta la c.d. microcriminalità, anche per soddisfare bisogni di vita); mentre diminuiscono i furti in banca, quelli dove agisce spesso la criminalità organizzata. A ciò vi è da aggiungere che la crisi economica alimenta in particolar modo i fenomeni di criminalità ai danni delle imprese, soprattutto piccole e medie imprese (quelle più colpite dalla crisi stessa): furti, truffe, contraffazioni, danneggiamenti, usura, estorsione, incendi dolosi. Reati legati spesso alla scarsa sicurezza del territorio, ma anche riconducibili a fenomeni di racket e criminalità organizzata ai danni dell’impresa.
Il legame tra crisi e crimini di tipo economico appare, sempre in questi recenti studi socio-economici, più evidente nelle regioni maggiormente colpite dalla crisi o in quelle più facilmente raggiungibili da fenomeni migratori e invece appare meno evidente nelle quattro regioni italiane maggiormente caratterizzate dalla presenza storica della criminalità organizzata. Questo risultato può avere due spiegazioni, o perché quest'ultima ha già il “monopolio” dell’attività illegale, per cui risulterebbe difficoltoso per un individuo improvvisare un’attività criminosa a seguito delle sopravvenute difficoltà economiche oppure percéè in queste regioni le cosche, vendendo protezione agli individui assoggettati al pagamento del pizzo, a priori eliminano il rischio di concorrenti nell'affare malavitoso.
 Inoltre la crisi conferma quanto supposto nella teoria economica: quando le imposte dirette, oltre a quelle indirette, sui beni di consumo con domanda poco elastica (si tratta di beni non facilmente sostituibili con altri beni simili e concorrenti) sono ritenute indistintamente elevate in rapporto ai redditi, con conseguente abbassamento del potere d’acquisto, la domanda di tali beni o diminuisce o comincia a spostarsi dal mercato legale a quelli paralleli (illegali, gestiti dalla criminalità) che offrono sostituti di quei beni a prezzi notevolmente più bassi. La ricerca afferma che a sostenere i mercati paralleli è una domanda “consistente” da parte di consumatori “indifferenti al fatto di compiere un atto illecito e convinti di fare un affare”.
Riassumendo quindi nel corso di una crisi economica non si rileva solo un aumento dei reati contro il patrimonio ma anche uno spostamento della domanda di beni e servizi, da parte di soggetti collocati in fasce di reddito meno agiate, al mercato nero. Una sorta di effetto di sostituzione, come descritto nella teoria del consumatore, dove però i beni e i servizi considerati come perfetti sostituti sono di produzione illegale. 
Si tratta di una sorta di circolo vizioso, con una crisi economica che determina una diminuzione di domanda di beni e servizi (con conseguente contrazione dell’offerta) e uno spostamento della domanda stessa verso beni e servizi illegali, la cui produzione innesca un allargamento dell’economia invisibile a danno di quella reale, aggravando ulteriormente la stessa crisi economica.

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