venerdì 6 maggio 2011

L'istituto del referendum abrogativo e la sua ammissibilità

L'articolo 75 della Costituzione prevede che, su richiesta di un certo numero di elettori, possa essere indetto un referendum per ottenere l'abrogazione (ossia la caducazione), totale o parziale, di una legge o di un atto avente forza di legge
Testualmente l'art.75 Cost. al primo comma:  indetto referendum popolare per deliberare l'abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali". 
L'esito positivo di un referendum abrogativo conduce ad indubbie modificazioni del sistema giuridico. Sebbene non sia elencato e nemmeno conosciuto da tutti come fonte del diritto tradizionale - tra cui la legge, il decreto legge, il decreto legislativo, ecc...- esso è considerato dai giuristi come tale, proprio in virtù dell'effetto innovativo che determina nell'ordinamento.

L'abrogazione totale di norme infatti comporta un vuoto legislativo che costringe l'interprete del diritto (il giudice o l'avvocato) a cercare la disciplina che gli interessa, ossia le norme giuridiche per vorrebbe richiamare per una tutela o usare per la decisione di una controversia, in altre disposizioni legislative. Ancora più significativo è, a mio parere, l'effetto che produce nei confronti dell'attività legislativa, cioè diviene auspicabile che, conseguentemente ad un esito positivo del referendum, il legislatore colmi il vuoto creatosi con una nuova legge in linea con il pensiero espresso dal popolo. Un'abrogazione parziale invece fa sopravvivere un testo normativo che, diversamente dal caso precedente, presenterà un  significato nuovo. L'effetto modificativo dei referendum abrogativi parziali è quindi ancora più evidente, poiché colpendo singole parole o frasi di una disposizione, ne stravolgono irrimediabilmente senso. La norma colpita rimane comunque viva sebbene applicata con il nuovo significato. 
Gli effetti del referendum sono, per principio generale, unidirezionali; ciò vuol dire che, in caso di esito positivo, possono solo essere abrogate norme o parti di norme già esistenti, non potendo quindi entrarne in vigore di nuove proposte dagli elettori. Non si tratta infatti di un referendum approvativo o "legislativo" in senso stretto. 
Il referendum abrogativo è a tutti gli effetti un atto avente forza di legge, posto tra le fonti del diritto primarie (così si è espressa in importanti sentenze a riguardo la nostra Corte Costituzionale). Oggetto del referendum posso essere leggi o atti aventi forza di legge (d.l. e d.lgs.) e non quindi fonti di rango costituzionale. Altri limiti dell'istituto sono presenti al secondo comma della suddetta norma costituzionale:
art.75 Cost. secondo comma: "non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali".
In poche parole tali limiti espliciti ex lege sono stati posti perché un referendum abrogativo di una legge tributaria (ossia sulle tasse) sarebbe scontato, laddove invece pagare le imposte è un dovere dei cittadini; l'abrogazione di una legge di bilancio sarebbe negativa per l'equilibrio finanziario dello Stato; l'abrogazione di leggi di amnistia e indulto sarebbe inspiegabile perché si tratta di leggi penali favorevoli per i condannati o gli imputati; l'abrogazione di leggi di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, infine, esporrebbe lo Stato a responsabilità internazionale (dopo che abbia preso accordi con altri Stati).
La Corte Costituzionale, l'organo deputato al vaglio di ammissibilità di ogni referendum proposto dai cittadini, ha nel tempo aumentato la portata di tali limiti e ha ampliato il novero delle leggi che non posso essere oggetto di referendum popolare (ad esempio sono state escluse le leggi che danno attuazione alle fonti della Unione Europea). Sono stati cosi creati dei limiti impliciti di elaborazione giurisprudenziale. Importante sul tema è la sentenza della Corte Costituzionale n.16 del 1978.
Un altro importante limite introdotto ex novo dalla Corte Costituzionale è quello della omogeneità del quesito. La domanda che si pone all'elettore deve essere semplice ed univoca, in modo tale che egli possa esprimere il proprio voto solo su una singola questione. Un quesito non omogeneo, formulato in più domande non sarebbe amissibile poichè chi va a votare sarebbe costretto a rispondere con un si o con un no a tutte le questioni poste, senza poter differenziare le proprie scelte (a domande eterogenee magari corrispondono risposte diversificate). La Corte ha anche escluso che possano svolgersi referendum su leggi a contenuto costituzionalmente vincolato, ossia la cui abrogazione porterebbe ad una lesione di norme costituzionali. Per fare un esempio non sarebbe ammissibile un referendum sulla legge 194 (aborto) poiché il suo venir meno violerebbe l'articolo 32 della Costituzione, che garantisce il diritto alla salute della madre. Ed infine un referendum su leggi costituzionalmente necessarie sarebbe altrettanto inammissibile, poiché sono leggi che non possono essere abrogate senza venire immediatamente sostituite da altre leggi (ad esempio le leggi elettorali sono necessarie per la democrazia). Non si potrebbe abrogare una legge obbligatoria e necessaria quale una legge elettorale che disciplina un determinato organo indefettibile dello Stato, come il Parlamento. Il suo venir meno comporterebbe un vuoto legislativo troppo vasto. Le differenze tra le due tipologie di legge non sono ben delimitate e chiare tuttora. Consigliamo a proposito la lettura della sentenza della Corte n.32 del 1993.
In ultima analisi il referendum abrogativo è un istituto di democrazia diretta poiché, tramite esso, il corpo elettorale decide sulla permanenza in vigore di leggi o atti aventi la medesima forza, prendendo direttamente una decisione di indirizzo politico, senza il medium dei propri rappresentanti eletti, cioè del Parlamento che legifera. I cittadini esercitano un vero vero e proprio voto, estrinsecando - tramite appunto il referendum abrogativo - le loro opinioni politiche di fronte ad un tema in particolare, quale è un quesito referendario.

Affinché il quesito sia approvato è necessario che partecipino al voto le metà più uno degli aventi diritto (al voto, ossia i cittadini tutti) (quorum costitutivo o di validità) e che si pronunci in senso positivo la metà più uno dei votanti (quorum deliberativo o di efficacia). Il senso del primo quorum è di impedire che solo una minoranza possa decidere di abrogare le leggi del Parlamento. Il secondo quorum invece limita fortemente la portata e il concreto utilizzo dell'istituto poiché l'abbassamento della partecipazione popolare al voto e in generale alla vita politica diretta o indiretta non ne permette il raggiungimento.
Il risultato positivo del referendum è troppo spesso inficiato da questi restrettivi quorum numerici che se da un lato sono posti a garanzia della maggioranza e della democraticità della scelta dall'altra diventano impeditivi al raggiungimento della stessa. 
Qui si richiede al cittadino di rispondere "si" o "no" ad un determinato quesito, egli deve pronunciarsi quindi positivamente o negativamente, ma è chiamato a farlo. Il coinvolgimento più ampio possibile dell'elettorato è necessario sia per il raggiungimento del quorum di validità sia per le conseguenza politiche dell'esito.

Quali i quesiti, l'iter e i problemi intorno al prossimo referendum del 12 e 13 giugno, la risposta la troverete nell'articolo: "Il referendum che oggi richiama gli elettori"

Per un articolo che parla di recenti proposte di modifica del diritto di voto potete leggere: "Un pesce fuor d'acqua"e per un articolo del blog sul diritto di voto non solo come diritto bensì anche come dovere: Il diritto di voto come una promessa


Per il link alla sentenza n. 16/1978 della Corte Costituzionale sul giudizio di ammissibilità e i limiti impliciti del referendum: clicca qui.


Per il link alla sentenza n. 32/1993  della Corte sulle condizioni di ammissibilità del referendum in materia di legislazione elettorale: clicca qui.

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